Antologia critica - Silvestro Cutuli - Digital Works

Silvestro Cutuli - Digital Works
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Antologia critica



VERSI DI LUCE
Sono spesso i tratti di sbiadite sinopie o i vivaci germi di idee liberamente fluenti nella nostra mente a dare lievito e spessore all'approccio dialogico con l'Opera, i cui sfumati contorni sfuggono di norma a raziocinanti omologazioni ed a rassicuranti classificazioni. La naturale diffidenza del primo contatto visivo con la persistente unicità di un'Opera laicizzata dopo la rovinosa caduta della sua sacralità, può essere così superata con la benefica energia empatica sprigionata da anarcoidi intuizioni visioni.
E' quanto mi è accaduto al primo impatto con i singoli frammenti scultorei dell'installazione VERSI DI LUCE “incontrati” in anteprima nello studio di Silvestro Cutuli, la cui chiave di accesso mi è stata immediatamente offerta da due note opere d'avanguardia del'15, il CONTRORILIEVO AD ANGOLO DI TATLIN e IL QUADRATO NERO, appeso ad angolo sotto il soffitto da Malevich all'Ultima mostra futurista: 0.10” di Pietroburgo.
Molto probabilmente la materia (lamiera, Tatlin), il colore di alcune sculture (nero e bianco suprematisti, Malevich), l'identica esigenza di Cutuli di superare con l'astrazione dell'immagine e la costruzione dello spazio, la latente conflittualità tra pittura (bidimensionale), scultura (tridimensionale) e spazio (n dimensionale) conflittualità non del tutto sopita dalla pratica installazionista di tanta arte Pop, Povera, Minimal, alla continua ricerca di una lama capace di tagliare in due l'intricato nodo gordiano di un'Arte Totale - avranno suggestionato la mia prima “lettura” di VERSI DI LUCE. E, a ben riflettere, le poetiche neo e post avanguardistiche degli ultimi decenni (prevalentemente accomunate dall'istanza libertaria di un abbattimento delle “barriere architettoniche” erette tra Opera e ambiente dalla cultura percettiva e critico - storiografica occidentale), non sono andate molto al di là della lucida manipolazione spaziale attuata con la messa in scena, la teatralizzazione, la concettualizzazione (opera+idea) del CONTRO- RILIEVO AD ANGOLO e del QUADRATO NERO.
Anche in questi VERSI DI LUCE dall'accentuato profilo ermafrodita pittoscultoreo, l'orchestrazione di fondo dell'intera installazione tende al riassorbimento della frattura concettuale opera/ambiente, soggetto guardante/oggetto osservato. Ma lo spazio, adesso, non si limita a circolare attivamente fra i singoli frammenti di un'Opera unitariamente progettata: vive e agisce, invece, all'interno di ogni pittoscultura (lo spazio in azione), tra gli anfratti degli infinitesimali contrasti plastici generati da una tellurica superficie o nelle viscere di frastagliate masse dagli araldici ed assoluti neri, bianchi, rossi, gialli e viola.
Ai perfetti volumi dell'idealizzante geomertia euclidea, passivamente recepiti dalle tautologiche proposizioni (un cubo è un cubo) di un'arte minimal azzerante ogni rimando memoriale-evocativo, Silvestro Cutuli contrappone la sua irregolare e sofferta Geometria della Natura (Geometria dei frattali), modellata, come fa indifferentemente il vento con tenera sabbia o con dura roccia, da fabbrili mani che ora flettono, contorcono accartocciano, ora sfiorano, accarezzandola, la fredda, seriale, anonima piatta lamiera zincata di 6/10 di spessore.
Niente, comunque, nell'ardua lotta ingaggiata da una forma estetica vivente contro l'inerzia inespressiva della bruta materia, è lasciato al caso: è infatti la forza vivificatrice di una luce mentale protesa a catturare i mille respiri di una imprendibile luce fisica, a piegare alle sue esigenze espressive, ogni minimo sussulto plastico. Ma i VERSI DI LUCE non assurgono mai, pur nel loro nitido canto cromatico, a metafora di verità metafisiche o religiose (la luce chiara e accecante di un Sole che nasconde e annulla col suo bagliore la consistenza fisico-plastica della realtà). Piuttosto, i rimandi luministici delle loro duniche pieghe, assumono la valenza della LICHTUNG (illuminazione) heideggeriana e della LUCE SCURA holderliniana (Ma mi porga alcuno, / colmo di luce scura, / il calice odoroso....), Luce che riesce ad aprirsi un varco, salendo dalla Terra al Cielo, nella fitta boscaglia dei nostri dubbi, angosce e paure. Lichtung del non nascondimento dell'esserci (dell'Opera) “illuminato” non già dalla luce di un altro ente (Dio), ma dal suo essere stesso (nell'Opera). Non si distingue forse l'illuminante densità del nero-profondo della GRANDE LUCE NERA (cm.400xcm.200) di Silvestro Cutuli, dal soffuso chiarore degli “Annottarsi” di un Burri, nella diversa qualità luministico-spaziale dell'ondeggiante e sinuosa LUCE SCURA di questa scultura, rispetto alla trascendentale LUCE CHIARA della burriana pittura? LUCE SCURA, e cioè luce della Natura e della sua inviolabile sacralità, riproposta da Cutuli con l'archetipo simboli- co V (aperta e ancora illuminante metafora sessuale della Donna-Natura, nonchè fecondo grembo della Donna- Madre), matericamente terrestre nelle laviche colate rossonere dell'opera LUCE PROFONDA e geometricamente astra- le nell'iconico segno/segnale squarciante, con il suo acuminato giallo, il silenzio mortale di LUCE DI VENERE. LUCE SCURA, ancora, dai dionisiaci ardori dei due continenti alla deriva (EROS e THANATOS sorpresi nella compenetrazione sacrificale di LUCE IMMENSA) percorsi dal sulfureo brivido sotterraneo dell' indicibilità di un nome : ARTE.
Antonio Gasbarrini                                                                                                                                                              L'Aquila 15-21/3 - 7/4/1990
Testo in catalogo della Mostra personale Al Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea “Angelus Novus” dell'Aquila, e della Mostra personale alla Galleria della Tartaruga di Roma del 16 – 2 – 1991.

ARTE COME LUOGO DELLA MEMORIA - PRIMA BIENNALE D'ARTE CONTEMPORANEA
Centro Sociale e di Cultura Torre San Patrizio
Se dovessimo parlare, compiutamente, della personalità di questo artista, non potremmo rifuggire da una lettura analitica, in parallelo, e delle sue pitture e delle sue sculture. Si dovrebbe, in tal caso, porre l'accento sulle divergenze assonanti del pittore e dello scultore, ma anche sulla persistenza, in entrambe le espressioni figurative, di un codice linguistico che si affida, in massima parte, ad un procedimento di decostruzione dell'immagine. Il paradosso cezanniano che tre teste umane, in ultima analisi, non sono che tre mele, trova nell'artista calabrese una puntuale conferma, nel senso che la materia, qualsiasi forma essa abbia, è indubbiamente occupazione dello spazio tattile e visivo, ma prima ancora è ricostruzione soggettiva di volumi convenzionalmente denotati che, nella elaborazione mentale, assumono morfologie ambigue, persino diverse. Assumono cioè la funzione del simbolo, surrogatoria o parafrastica di ogni significato preistituzionalizzato.
Talora è sufficiente un segno, talaltra è la similitudine tra due forme assolutamente antitetiche tra loro per consistenza fisica e funzioni, talaltra ancora è il semplice accostamento di un oggetto ad un altro, per provocare in chi guarda la formazione di un'idea, di una forma mentis, che non è il risultato di una percezione ottica. Le opere plastiche di Cutuli sono fondate su questo principio, esse costringono chi guarda a deviare da una lettura puramente visibilistica dell'oggetto plasmato e lo invitano a raccogliere il messaggio che attraverso esse, l'artista gli manda. E' vero che, in primo luogo, l'osservatore dovrà decifrare i simboli di cui si diceva, ma questo non rappresenta un osta- colo gravoso, poichè Cutuli / scultore gioca essenzialmente su due elementi; la deformazione della materia e la variabilità della luce che su di essa si frange o si rifrange. Già in alcune opere plastiche eseguite agli inizi degli anni '80, utilizzando materiali chimicamente diversi quali il marmo, il metacrilato e il plexiglas, di una violenza fotodinamica. Una violenza non diversa, ad esempio, di quella “V” gialla (il triangolo pubico) che segna, come una ferita, la nera lamiera smaltata. Silvestro Cutuli offre esempio dell'attitudine dell'homo faber a piegare materiali metallici, di varia durezza, alle proprie esigenze espressive, con una direzionalità che è allusiva ed ironica.
    
Carlo Melloni                                                                                                                                                                       Ascoli Piceno 20 Aprile 1991
Dal catalogo della mostra al Centro Sociale e di Cultura Torre San Patrizio 17 marzo 20 aprile 1991 Ascoli Piceno

HORROR VACUI
Horror vacui: La paura del vuoto, dello spazio bianco da riempire con un segno, è paura ancestrale o paura dei nostri giorni? Un'attendibile risposta può trovarsi nell'omonima rassegna itinerante d'arte contemporanea (da noi curata) che sta con- cludendo il suo tour in terra d'Abruzzo. Questi gli spazi espositivi toccati: Teramo (Museo Archeologico, giugno '91); Ortona (Palazzo Farnese, agosto '91); Pescara (Casa Museo D'Annunzio, aprile '92); L'Aquila (Centro Documentazione arte e poesia contemporanea Angelus Novus, agosto '92 ).
A novembre di quest'anno, su richiesta della Commissione Cultura del Castello Reale di Perpignan, la rassegna sarà ospi- tata in Francia. Le ragioni del successo? L'Autonomia espressiva e la freschezza inventiva dei quattro pittori-scultori partecipanti (Mario Costantini, Silvestro Cutuli, Massimina Pesce, Rezakhan), i quali, con una sorta di workinprogress, espongono tra una mostra e l'altra le opere nel frattempo realizzate. Entriamo adesso nel merito della stessa rileggendo il testo critico steso per il catalogo. La relazione tra arte e territorio, ad iniziare dal naturalismo animistico del Perigordiano e dal- l'astrazione ucraina di Metsin, è stata caratterizzata in un modo o nell'altro, da una stretta correlazione tra la realtà antropologica dell'habitat ed il sistema di segni convenzionali per la comunicazione sociale o la pratica religiosa.
La stratificazione della memoria collettiva garantiva inoltre all'Humus del gruppo la sopravvivenza di radici accomunanti i valori intergenerazionali. Il dissolvimento del referente aristotelico mimetico naturalistico avvenuto in area culturale occidentale in epoca moderna (nello specifico ci riferiamo all'arte astratta e informale prima, analitica e concettuale poi), ha decisamente reciso l'opera dal suo background, mentre un accentuato ecumenismo segnico-linguistico (che nulla ha da dividere con il manierato internazionalismo di tanta arte contemporanea) avvicinava la sintassi e la poetica degli artisti appartenenti a tale area, a quelli di estrazione orientale. Questa premessa può in parte chiarire le motivazioni, non solo estetiche, della mostra d'arte contemporanea Horror Vacui degli artisti Mario Costantini, Silvestro Cutuli, Massimina Pesce, Rezakhan, tutti operanti in Abruzzo, ma di formazione culturale assai variegata (Rezakhan è iraniano, da anni vive e lavora a  L'Aquila). Più che una mostra di tendenza o di gruppo formalmente costituitosi all'insegna di una non riscontrabile identità stilistico-espressiva, Horror Vacui può essere considerata come una delle più originali risposte della qualità del segno estetico alla prevaricante e livellante quantità del segno informatico.
E se il sonno della ragione ha sempre generato mostri (Goya insegna), la Paura del vuoto, l'Horror Vacui, il terrore di sprofondare nell'abisso spirituale di questa incombente fine del II millennio, viene combattuta ed in buona parte annullata dalla vitalità di segni naviganti in uno spazio ora primitivo (Costantini), ora visionario (Pesce) ora ottico (Cutuli), o, ancora, ani- conico (Rezakhan).
Spazio plastico ad n dimensioni, felicemente dominato nella grafica, nelle tele e nelle sculture (o più propriamente nelle pitto-sculture data l'androginia formale delle opere esposte), dall'arcaica decorazione della civiltà vestina ripercorsa da Costantini, dal vigore surreale-futurista della Pesce, dal dinamismo prismatico di Cutuli, dalla musicale monosemia di Rezakhan. L'ingenuo “fare” protoartistico evocato da Mario Costantini con la riproposizione di una sapiente manualità artigiana (del tessuto) del legno e della ceramica), è la traccia probante, il segno di un nuovo scacco matto inferto dalla poetica memoriale all'Horror Vacui (dell'anima del pensiero) inutilmente esorcizzato da un'anemica arte post-concettuale.
Il crudo significante o la monotona equivalenza di una proposizione tautologica è arido e sterile senza il rimando iconico ad un gesto, gesto assecondato da una mano intrisa di memoria, d'esistenza, di Mondo e del tutto ignorato dall'acorporale Verbo tecnologico. * Silvestro Cutuli incunea la sua lama di luce nel buio di una morte astrale vagheggiata da quella stessa scienza (entro- pia buchi neri), con l'energia di una fonte luminosa extrastellare non condizionata da alcuna legge fisica o istanza teosofica. Il vuoto adesso, prolunga e moltiplica le possibilità esistenziali del “punto Terra” messe in discussione dall'annuncia- to disastro ecologico, con le benefiche radiazioni luministiche di lamiere rese plasticamente leggere come carta. Massimina Pesce affida invece alla istintiva ed automatica gestualità prontamente recepita da un tumultuoso spazio onirico, l'esito di una difficile lotta: in campo si fronteggiano le frenetiche masse sostenute da ipertese e iperdinamiche linee-forza e le sabbie mobili di un Horror Vacui (la morte dell'arte profetizzata da Hegel?) che tenta di calamitare l'em- pito di tensioni ultra-futuriste, portatrici di medianiche visioni picassiane di un'arte “altra”.
Rezakhan infine, fa danzare con una musicalità crittografica orientale, il flusso arabescato di un continuum segnico, che, incontaminata acqua di fantastica sorgente, sfocia con le sue infinite ramifacazioni e vibrazioni nell'arido deserto di tanta epigona arte europea.
La delicata trasparenza di arcane trame, quasi in trappola, nella magica rete tesa sulla superficie pittorica e sulle fenditure dei tagli scultorei, i nuovi incubi di una realtà virtuale-telematica tutta da espiare.
                                                                                                                                                  
       
Antonio Gasbarrini                                                                                                                                                                          L'Aquila Marzo 1992
Pubblicato sulla rivista Abruzzese “ NOI” del Marzo 1992

LE SCULTURE LUMINOSE DI SILVESTRO CUTULI
Tra i molti e diversi problemi formali che si pongono all'artista visivo, ad esempio il modo di sentire (o rifiutare) il volume, l'oggetto, lo spazio, vi è, primario, quello della luce. Per ciascuna corrente, per ciascun singolo artista della tradizione storica dell'arte, la luce rappresenta un elemento espressivo da piegare, esattamente come gli altri, alla propria visione interiore della realtà.
Così, volendoci limitare alle epoche a noi più vicine, per il Barocco la luce fu un onda ininterrotta di energia vitale, movimento che anima la natura trascorrendo senza soluzione di continuità da una forma all'altra, mentre per il sottile secolo dei Lumi fu segno di serena chiarità, di puro equilibrio fra civiltà e natura. Silvestro Cutuli si è formato nell'ambito della cultura visiva toscana, ma non è stato influenzato dalla sua tradizione rinascimentale per quanto riguarda il proprio sentimento della luce, che a nostro avviso si esprime al meglio nelle sue sculture di lamiera smaltata di grandi dimensioni.
Tutta una corrente del Quattrocento fiorentino e toscano vede la materia fondersi e spiritualizzarsi nelle luce, sentita come simbolo dell'essenza e dell'etereo secondo i principi filosofici del Neoplatonismo o, secondo quelli della cultura nordica più empirica, simbolo del mentale, principio dell'intelligenza indagatrice. Niente di tutto ciò nell'arte di Cutuli: per lui, vicino in questo al pensiero della fisica moderna, la luce è pura forma di energia cosmica. La materia non è pervasa come negli artisti barocchi. Non ne è cancellata, come avviene nel pro- cesso di erosione profonda che caratterizzò tanta pittura dei Maestri del Manierismo o, venendo a noi, tanta arte informale americana. Materia e luce, in queste forti sculture di Silvestro Cutuli che piegano sensuali i grandi fogli di lamiera per catturare e diffondere l'elemento luminoso, si identificano.
Secondo la nota equazione einsteiniana, l'energia va identificata con la materia; l'equazione ulteriore, il corollario emotivo dello scultore Cutuli, è che l'energia- materia si identifichi con la luce. Nelle sue sculture non c'è dialettica, non c'è equilibrio e neppure tensione drammatica, fra materia opaca e luce. Il dualismo è negato, da quell'unica sostanza che la sensibilità dell'artista percepisce, l'energia cosmica, che nel suo caso viene espressa dall'elemento luminoso della visione. Una delle principali correnti della tradizione culturale visi- va toscana fu di carattere prevalentemente razionalistico, vide la luce come chiarezza compositiva, forza classica, vigore plastico.
La luce in queste sculture di Cutuli è, al contrario, come recitano i titoli, NERA, PROFONDA, IMMENSA. La sua visione della luce è dunque sostanzialmente irrazionale, anti-geometrica, anti-spiritualistica. Scegliendo le tecniche del- l'informale materico stucchi, smalti, su lamiere piegate l'artista identifica l'energia-luce-materia con l'archètipo della MATERIA vista come MATER, eros del magma, che è oscuro, viscerale.
IMMENSO, appunto: sia nel senso emotivo della dismisura, della violenza misteriosa della materia. LUCE DI VENERE, GRANDE LUCE NERA, come ci indicano i titoli dati dall'artista. La continuità della ricerca di Silvestro Cutuli è passata a queste grandi sculture luminose da una pittura e una scultura che le precedono e le seguono, affiancandole nell'arco della propria attività. Naturalmente il tono della ricerca è rimasto coerente, nella forza plastica sensuale di una matrice di fondo di derivazione espressionistica e surrealista. Ma la predilezione per le forme dell'interno del corpo (viscere, arterie, tessuti, forme sessuali), per le polpe carnose di frutti vegetali trattati come pezzi anatomici, si libera dall'immediato referente realistico in questa grandi sculture, per lasciar posto all'energia magmatica della luce-materia.

Rita Ciprelli                                                                                                                                                                                  Pescara  29 - 5 - 1992                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      
Testo inedito scritto in occasione della mostra collettiva “ Horror Vacui “ alla Casa Museo D'Annunzio di Pescara del 9 – 4 - 1992.

LA COSMOGONIA VIRTUALE DI CUTULI
La convincente complessità d'immagine degli ultimi lavori di Silvestro Cutuli è certamente il segno di un rinnovato spessore culturale e del superamento di un impegno operativo caratterizzato soprattutto dalla stabilità di una visione pittorica, quasi che l'artista, dopo una meditata fase di ricerca in ambito postmoderno, sentisse di dover rinnova- re il suo linguaggio espressivo, liberandosi di un “fare“ dalle reminiscenze culturali tanto evidenti.
Cutuli ha lavorato in profondità, evitando cioè adesioni frettolose a tematiche epocali. Lo testimonia il carattere personale del suo nuovo linguaggio, che appare oggi come scelta sostanziale di modi più consoni ai livelli di metariflessione di una più matura identità. Da tempo Cutuli aveva individuato nella piega barocca un momento focale di impegno sistematico sviscerandone gli aspetti di teatralità emblematica e di ridondanza. C'era inoltre nella ricerca la volontà di evitare fasi conclusive o nodali, unitamente al desiderio di non fermarsi ad una lettura filosofica leibnizìana, come allusione ad un ordine formale e invisibile, sotteso alla variegata proliferazione di pieghe caotiche. Si passava poi ad una rarefazione e ad una elaborazione di elementi materici e autocostruttivi, per ottenere una dimensione di dilatazione cosmica e al tempo stesso una dinamizzazione del ritmo gestuale della superficie.
Le immagini di Cutuli nascono oggi dall'incontro dialettico tra gestualità, elaborazione materica, citazionismo neonaturalistico ed emergenze trasversali, che alludono alle virtualità immateriali della nostra epoca. Il rinnovato linguaggio artistico di Cutuli ha così una fisionomia che non è schema operativo ne retaggio di riflessioni storico artistiche, ma presenta soprattutto una cifra metafisica della suggestione di sempre tra essere e nulla, luce ed ombra, presenza e assenza, ordine e caos, quando queste diadi si fondono in un mondo dove tutto è presente nell'intensità istantanea di un atto realizzativo.
In Cutuli c'è la testimonianza di un'intuizione cosmologica di come il mondo sia determinato nel suo essere profondo, senza riferirsi più agli elementi percettivi e rappresentativi, sia della visione di dettaglio che di quella d'insieme, sia della stratificazione che dell'immediatezza espressiva e gestuale, tanto che le opere si avvertono come scaturigine trasversale e come concrezione senza tempo e senza centralità
Ma l'aspetto più sorprendente è l'intrusione di una dinamizzazione della cosmogonia in atto, con l'attraversamento dell'indistinto che si fa distinzione, in quanto nel caos del nulla si intravvede uno stato nascente di una costruzione ancestrale, che mentre abbandona i primordi oscuri dell'àpeiron in cui si unificano indifferenziati tutti i contrari, mostra l'aprirsi alla luce coscienziale, veicolo di determinazione e differenzazione, senza tuttavia mai pervenire alla definizione di un esito “cosale” e riconoscibile.
Così la forza dell'intuizione cosmogonica e metafisica dell'artista è tutta da ricercare nel senso di profonda identificazione del momento di attraversamento bloccato della nascita di un mondo, dopo che esso si è stagliato nel caos e prima che si definisca nell'ordine. Gli ultimi lavori di Cutuli sono quindi una coinvolgente prospezione di una realtà virtuale, quando tutte le possibilità sono aperte, ma nessuna e conclusiva.

Nerio Rosa                                                                                                                                                                                  Teramo  Giugno 1993                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
Testo inserito nel CD interattivo “ La cosmogonia virtuale di Cutuli “ del 1997 – per i tipi della CD Vernissages di Te.

IL MONISMO VIRTUALE DELLA MATERIA LUCE IN SILVESTRO CUTULI

Gli ingredienti fondamentali della grammatica espressiva di Silvestro Cutuli, scultore e pittore dalle prove significative e ormai mature, sono da un lato l'energia - luce che forma, attraversa, scompone, ricompone la sostanza primigenia, dal- l'altro la massa informe di quella sostanza, il magma dove tutto si fonde, come strumento portante di quelle pieghe e frastagliamenti di luce. Apparentemente la creatività è ispirata dal contrasto tra i due elementi che si intrecciano in com lessità, intricandosi per distinguersi, come ad inaugurare in ogni opera la grande metafora della nascita di un cosmo. Ma materia e luce sono due polarità che si rinviano a vicenda, come due volti della stessa sostanza, in un fondamenta- le monismo virtuale. L'una è emanazione reciproca dell'altra in una cosmogonia di tipo plotiniano, come a scoprire l'unità nascosta dell'unità e della molteplicità, che risale dalla diversità dei segni materiali del magma inerte all'unità delle forme dell'energia - luce plasmatrice. Cutuli sembra penetrare nella consonanza profonda tra mondo sensibile e mondo intelligibile, nell'emanazionismo ascendente e discendente della vita dinamica dell'universo, perchè è l'oscurità stessa della materia che porta la luce a frazionarsi, mentre di fronte alla tendenza della materia a dissolversi ed estinguersi in molteplicità dispersiva, c'è un'energia unitaria che la trattiene e che si fraziona in luce. L'orizzonte di senso del linguaggio e del messaggio artistico di Cutuli è il monismo virtuale della profonda consonanza materia - luce, della interdipendenza tra la corporeità della materia e l'astratta purezza dell'energia, che si compenetrano in mille forme possibili. La sua sensibilità mira all'ordine nascosto, astratto, mistico-logico, di un saper intuitivo del sistema della natura, oltre il pensiero discorsivo e la razionalità geometrizzante, che ha lontane stratificazioni nelle rappreentazioni dell'organicismo cosmologico e monistico dell'energia - materia, dalla tarda antichità di Plotino, al rinascimento di Ficino, al romanticismo di Schelling, all'universo novecentesco delle razionalità virtuali di whitehead.
Questo orizzonte complessivo di senso viene espresso da Cutuli con molti moduli, in cui si avverte il sedimento di una genealogia artistica di cui non può liberarsi. E' una incubazione di suggestioni della materia vibrante delle prime fasi della scultura novecentesca caratterizzata dalla luce che fraziona le superfici, come è una rilettura personalissima di una lezio- ne di alcuni moduli pittorici della nascita del moderno come costruzione di forme - energia, rivissuti originalmente nelle contaminazioni post - figurative, di una pittura che fa esplodere nelle pieghe miriadi di forme - luce, per frazionare musicalmente lo spazio e glorificare il corpo - natura, che da caduco e temporalizzato diventa un assoluto dove ogni dimensione della terrestrità e della trascendenza è realizzata, centralità monistica che nel passato aveva assolto la funzione di autocelebrazione dell'umanesimo naturalista. Questo monismo della materia - luce, che costituirà il nucleo ispirativo costante di Cutuli, viene tuttavia trasposto, con sensibilità tutta novecentesca dalla glorificazione antropologica dei corpi,in espressione delle energie immanenti nella fisicità terrestre e poi nelle virtualità della struttura essenzializzata del cosmo, ma sempre attraverso il gioco di forme - luce che piegano e frazionano lo spazio imprimendo un ritmo musicale organicamente concepito. Quando agli inizi degli anni settanta l'artista trova la realizzazione di queste prime ispirazioni nei primi lavori, opera con lamiere, materie plastiche, gessi, per pitto - sculture ( dal rosso, al bronzeo, alle ombre, per piegare poi rapidamente all'assenza di colore, il nero ) con variegazioni di materia - luce di oggetti terrestri, su due moduli ritornanti e a volte compresenti, energie immanenti nelle grandi curvature dal turgore spesso sensuale, dall'altro con- trazioni e anfratti di superfici spezzate e articolate su sequenze luminose a piani multipli.
Cutuli concretizza gli assunti di un suo manifesto programmatico del 1975,in cui con lucida consapevolezza scrive : “ La scultura è spettro - luce, immagine di luce, dove gravita l'oscillazione dell'oggetto in movimento, vera immagine dello spazio che lo crea e lo distingue “. In questi assunti l'artista procede alla stessa rarefazione della fisicità. Agli inizi degli anni ' 80 ,lavorando sulla plasticità e sulla luminosità del metacrilato dalla trasparenza del cristallo, la materia viene quasi a dissolversi e, in assenza di fisicità, l'artista lascia sopravvivere  solo la luce nel brulichio di micro - pieghe, dai vuoti e dalle proliferazioni ora addensate ora in espansione, senza più supporti materiali.
Ma questa rarefazione e quasi congiunzione della fisicità pone l'artista ad un bivio del proprio percorso. Il suo monismo della materia - luce rispondeva all'esigenza di totalità di un mondo creativo dove il terrestre e il cosmico, il corporeo e l'energetico, 'erotico e il mistico sono ugualmente contenuti in unità. La sensualità e il turgore della corporeità materica che l'artista ha esplorato non può dissolversi a favore della trasparenza della pura luminosità, perchè non   si tratta di dimensioni incompatibili, ma interconnesse e che si rinviano nella stessa totalità. Così sul finire degli anni ' 80,l'artista torna a rappresentare le energie luminose dell'eros immanente nella fisicità terrestre,ma che proietta la propria ombra sullo sfondo spaziale di profondità cosmiche,come ad alludere ad una segreta corrispondenza esistente,ma ancora da cogliere tra microcosmo e macrocosmo,mentre l'artista si interroga sul mistero della segreta corrispondenza che sfugge. Dal ' 92 al ' 94 Cutuli inaugura un nuovo modulo pittorico del tutto originale e inedito come risposta alla sua interrogazione,nata da una urgenza artistico - espressiva,ma anche esistenziale : come conciliare l'eros della terrestrità con l'imperturbabilità del senso di appartenenza cosmica ? La risposta è un insieme di opere sulla virtualità cosmologica,la rappresentazione della vita energetica della materia - luce, colta nello schema monistico del suo costituirsi originario. La pittura di Cutuli si trasforma in una sonda gettata nel virtuale cosmologico per rappresentare l'elemento di variabilità delle strutture aleatorie,imprevedibili quanto strutturalmente determinate. Determinati sono i grandi tracciati neri del magma materico che solcano trasversalmente la tela con fitte intersezioni che aprono spiragli frattali di luce.Il caos si manifesta come risultato macroscopico complesso di interazioni non lineari tra poche componenti semplici. L'interazione dei costituenti, determinati da una scala micro, provoca su scala più vasta strutture globali del caos,come amplificazione selettiva di fluttuazioni dinamiche intermedie. L'intero campo pittorico è una iterazione di traiettorie aleatorie, la cui risonanza genera un cosmo integrato, ma la cui costituzione ha l'intermittenza di una cascata di tracciati magmatici che si alternano a sprazzi di luminosità, come sdoppiamenti indeterministici di fasi caotiche sullo sfondo di fasi ordinate, e reciprocamente.Si tratta di una simulazione virtuale dello scenario profondo dell'immenso cosmo,per penetrare il segreto strutturale fissato nel tempo,un cosmo che cambia senza evolversi, ne verso la degenerazione, ne verso la creazione. E' un esperimento mentale del suo eterno stato iniziale,nascente in ogni punto del tempo.
Alla scoperta delle strane attrattive del caos - ordine cosmologico, Cutuli produce varie opere che mescolano variamente le immagini dei flussi tra tracciati materici e i punti luminosi,ora addensando le regioni caotiche del tracciante,ora dilatando gli aloni luminosi che si stagliano su intrichi di magma. E' una ricerca sulla grammatica degli stati di virtualità e probabilità attraversati o attraversabili dal cosmo,una chiave per introdurci alle variazioni delle sue possibilità illimitatamente aperte,su cui l'artista,anche cambiando mezzo espressivo,torna ad esercitare la sua carica creativa nelle opere più recenti del ' 94 , attraverso esperimenti di pittura telematica. Servendosi della penna e tavoletta grafica,l'artista riempie lo spazio di tracciati con varie gamme di grigio.Il risultato è una autopoiesi della virtualità dello schema astratto di tracce della materia che incidono graficamente lo spazio in una variegazione di luci.
Il risultato è dipendente da una creatività combinatoria sfruttando gli errori e gli scarti di un software grafico caratterizzato dalla semplicità del programma.Quegli errori divengono per l'artista occasioni per organizzazioni di tipo espressivo e di affinamento costante delle stesure che via via si sovrappongono,opera in fieri che si autodetermina con una resa gestaltica tanto palesemente indeterminata quanto profondamente determinata.Il rapporto sotterraneo tra determinatezza e indeterminatezza è dovuto alla capacità del magma dei tracciati di definirsi attraverso il monismo virtuale della complementarità dell'emergenza dell'energia - luce sulla proliferazione dei tracciati grafici.
Si tratta di una vera incisione dello spazio tra i rilievi di luce e tracciati delle masse. Cutuli è alla ricerca di fili invisibili che sottendono le altrimenti inafferrabili possibilità con cui le concrezioni materiche della luce pura e l'inversa rarefazione luminosa della differenziazione materica creano mondi possibili,non solo dell'immaginazione ma nella stessa virtualità del mondo. Questo percorso è evidente nelle alternative che propone la sua ricerca. Per un verso grovigli che coprono tutta la superficie,con intervento evidente del gesto,sembrano precludere la possibilità di penetrazione della luce,che pure a volte si fa strada tra anfratti,creste,rilievi.Quindi si accrescono le espansioni,le proliferazioni,con intervento e sovrapposizione di incisioni sulle creste,sino alla emergenza della luce - energia sulla massa in movimento,oltre la variegazione dualista tra luce e oscurità. Ulteriormente,mentre la massa assume un movimento vorticoso ascendente - discendente,si stagliano quinte di luce di varia intensità,creando un fondo di luce - energia,attraversato da segni – incisioni Infine tutto un mondo di campiture di luce lascia ancora persistere delle tracce,che però pervengono ad una rarefazione estrema,come pulviscolo diffuso,un pulviscolo cosmico di fotoni grafici che solcano lo spazio in ogni direzione,rendendo possibile ogni dimensione della virtualità,su intersezioni di pannelli apparentemente geometrici,in effetti campi di trasformazione d'energia.Tutta la ricerca di Cutuli sviluppa così monismo materia - luce,nell'ordine temporale della produzione ma anche nell'or- dine inverso, perchè la gamma della natura naturans e della natura naturata è organicamente colta nel suo disegno invisibile,ora per maggior differenziazione materica e minor concentrazione luminosa,ora per differenziazione luminosa e minor concentrazione materica,assecondando l'esplorazione della loro segreta corrispondenza unitaria,pur nella diversa presentazione dei modi, che la sua fantasia creativa ha penetrato e manifestato.
E' assente nell'artista sia la forza di costruzione di un cosmo che caratterizza il moderno,sia il nichilismo della destrutturazione di un mondo che caratterizza il decadente. La sua opera ha la pervasività complessa mistico - logica contemporanea di chi sa che un mondo è tanti mondi ed è lo stesso mondo .

Ezio Sciarra                                                                                                                                                                                 Teramo 25 – 11- 1994                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 
Testo inedito steso nel mio studio in occasione di una visita allo studio per commentare le varie fasi del mio lavoro.

LE OPPOSIZIONI NON ESCLUSIVE DELLE DURATE TEMPORALI DIVERSE
In Pittura:Intrecci di strati,flussi,emergenze. Nella Grafica:Intrico di fasci di fibre colorate.
Il mondo è complesso perchè contiene varie durate di presente,passato,futuro. Il mondo di Cutuli è capace di suscitare insieme la complessità di stati nascenti,di tracce sedimentate di un passato più definito,di annunci di un futuro tra l'evanescente e l'indeterminato. Sotto questo riguardo presente,passato e futuro sono percepite come entità di durate diverse e perciò oppositive,ma che possono convivere senza escludersi.Tra queste dimensioni diverse esiste un equilibrio fluente di intrecci,trasversalità,attrazioni e contaminazioni reciproche che ne fanno un mondo compiuto e insieme di transizione. Se la cultura della tradizione ci ha abituati alle opposizioni che si escludono,e poi alle opposizioni che si dialettizzano verso nuove sintesi,la cultura della contemporaneità è piuttosto quella delle opposizioni non esclusive,in cui identità e differenze sono mantenute,ma trapassando per tante biforcazioni complesse alla non esclusività reciproca. Questa concezione del mondo,che segna una grande autocoscienza naturale del nostro tempo,ha in Cutuli una rappresentazione simpatetica e avvertita,ed è all'origine della sua capacità di combinare immagini di flussi magmatici di bianchi,di neri,di trapassi dal bianco al nero,per l'espressione di un mondo delle opposizioni non esclusive,Cutuli rappresenta una concezione del tempo adeguata alle nostre consapevolezze contemporanee su di un modello di mondo costituito su diverse durate. Il passato non è necessariamente alle nostre spalle, perchè la sua durata attraversa anche il presente. Pertanto può contaminarsi con l'istantaneità nascente,che è il presente,all'apparenza senza durata. E il futuro non è oltre l'istantaneità presente, perchè traspare già in esso,come incubazione duratura,di una trasformazione che prelude ad altro. E' così che per loro diverse durate,pur distinti,passato,presente e futuro sono in un intrico che regge il mondo delle complessità.
Passato = permanenza di lunga durata ( tracce più incisive ) Presente = istantaneità nascente ( flusso emergente ) Futuro = annuncio della transizione prossima ( durata evanescente ) .
Il riferimento di Cutuli non è al mondo naturale,ne a quello sociale,ma ad un mondo della nostra autorappresentazione culturale di qualsiasi mondo possibile. Un mondo concluso ma anche aperto,determinato,semplice ma anche complesso. E' l'ideologia del nostro tempo sulle preoccupazioni della costituzione di mondi possibili .

Ezio Sciarra                                                                                                                                                                                     Teramo  9 – 5 - 1995                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
Testo inserito nel CD interattivo “ Le opposizioni non esclusive delle durate temporali diverse “ del 1997 – per i tipi della CD Vernissages di Teramo.

LA LUCE NELL'OPERA DI CUTULI
Il primo impatto con l'opera di Cutuli è forse difficile ma, nel momento in cui si riesce ad entrare nel mondo sensitivo dell'artista , ed a comprenderlo , il rapporto con l'opera diviene coinvolgente ed entusiasmante. Si ha la netta percezione di un discorso complesso, intrapreso su un lungo arco temporale che, partendo da episodi figurativi condotti sul filo del surreale, giunge, progressivamente, ad una astrazione che si incentra sostanzialmente sulla ricerca della luce, in un contesto di spazio o meglio di spazialità che si riconnette alla interpretazione cosmica dell'essere e del non essere, formalizzata nella precisa scelta coloristica del bianco e nero, con una progressiva sublimazione verso il nero su nero.
E' proprio questa tensione verso il fatto concettuale della luce, che si traduce in nero su nero, che diviene estrema- mente stimolante nella misura in cui si legge la volontà di interpretare il mistero cosmico della luce, che si fa mate- ria nella concentrazione assoluta del nero. Non appare casuale il richiamo agli archi gravitazionali di luce, letti ed interpretati non attraverso un arido discorso scientifico, ma attraverso la affascinante lettura interpretativa che solo l'artista può dare.
E' interessante notare come la traduzione figurativa dei concetti, metafisici e fisici, avvenga attraverso il sapiente uso di vari mezzi tecnici, che Cutuli fonde ed amalgama con estremo virtuosismo, trascendendo dalla tecnica fine a se stessa per proiettarsi verso una precisa finalità interpretativa. Un esempio eclatante è il modo in cui Cutuli riesce a svincolarsi dalla gelida e rigida tecnica dell'aerografo forzando il segno, proprio al mezzo meccanico, oltre le sue naturali possibilità, dandogli corposità ed espressioni impensate in un accurato studiato connubio, sia con supporti materici spatolati che con inchiostri particolari, alcuni con inclusioni di fosforo, sempre nel fine ultimo di sprigionare la luce dalla inclusione dei campi neri.
Tecnicamente è quasi un rivisitare la difficilissima e desueta tecnica della “maniera nera”, ove dal nero totale della lastra inchiostrata si trae la lumeggiatura della luce emergente dal buio. Si leggono, nelle opere, intuizioni veloci, di primo approccio all'idea, poi rivisitate su una riflessione metafisica pro- fonda che Cutuli, attingendo dagli stimoli del reale, traduce in quei neri sfumati che producono vibrazioni luministi- che di grande fascino segnico.
Al discorso del fatto coloristico va necessariamente collegata la variata sperimentazione del motivo del tessuto, od in genere, della materia piegata. Sono le pieghe che divengono elemento mediatore nell'espressione della materia, che si concentra e compatta attraverso i multipli e misteriosi piani chiaroscurali, prodotti dai loro fitti meandri, che generano uno spazio in implosio- ne, in una sorta di raccordo sensitivo con la meccanica universale, che vuole il ritorno della materia nella dimensione della sua massima concentrazione, che è appunto il nero.
Ma anche la piega, come elemento segnico formalizzante del concetto fisico e metafisico, viene abbandonata nel momento in cui il fatto concettuale dell'idea viene dominato nella sua essenza più profonda, permettendo a Cutuli di svincolarsi da medium estetici di riferimento formale, per proiettarsi nella interpretazione libera della luce che transuma nel nero in un vortice risucchiante.

Luigi Martella                                                                                                                                                                             L'Aquila 16 Maggio 1995                                                                                                                  
                                                                                                                                                                                                
Testo inedito steso per la mostra Ingens sylva e cosmogonia virtuale

DALLA PIEGA ALLA COSA
Appunti in margine all'opera di Silvestro Cutuli
Sarebbe troppo facile e sbrigativo attribuire alla ricerca artistica di un operatore significati prelevati dalla speculazione filosofica, dalle convinzioni religiose, dai precetti etici o dai canoni estetici vigenti. La facilità nel trovare definizioni estranee alla costruzione dell'opera consiste nell'automatica applicazione di una griglia teorica precostituita, un “già pensato” dal quale l'opera - la cui edificazione è costata sacrifici e non pochi compromessi con la materia - è già da sempre assente.
Non penso che l'opera artistica di Silvestro Cutuli possa essere intesa come una sorta di tableau philosophique, una specie di commento sui generis al postmoderno o peggio un'appendice a quello stile di pensiero che ammettendo qualsiasi commistione e contaminazione - nella filosofia come nell'arte - non fa altro che appiattire la riflessione su un livello medio- basso, portando a una mediocrità delle indistinzioni nella quale la stessa ricerca artistica, pensando di dare un segno di coraggio e di anticonformismo in realtà annienta ogni suo presupposto. L'artista nel momento in cui si accinge a passare alla fase realizzativa sfida la materia alla cui potenza impositiva riesce a sottrarsi solo sottoscrivendo un compromesso estetico, cioè l'opera potrà essere considerata “riuscita” solo a patto che sia la materia stessa a mostrare conquiste e limiti del manufatto. Al ritorno alla materia e all'oggetto artistico il filosofo francese Alain ha dedicato nel 1920 il suo Système des beaux arts, mettendo in guardia dalla tentazione di ricondurre tutto il fenomeno artistico alla sola immaginazione, alla folle du logis, sostenendo che essa è nulla senza il suo oggetto. L'immaginazione da sola è follia, è senza regole. Solo il reale - afferma Alain - è bello Così nel lavoro di Cutuli mi appare oltremodo evidente questa specie di “concordanza conflittuale” tra visione soggettiva e materia, che vorrei chiamare “lotta artistica”, nella quale una piega del pensiero (o una forza impulsionale) intende acquisire una forma solida, dispiegarsi, senza doversi sottomettere ad ogni costo ai desideri e ai propositi di conquista espressi da millenni di dominio della meta- fisica. Lo stesso Gilles Deleuze nel suo magistrale lavoro dal titolo Le pli, ha sottolineato, appunto, che la piega per il Barocco è un concetto operatorio che si estende “piega secondo piega” senza cedimenti verso una ipotetica piega origina- ria. Ed in questo senso ogni espressione della piega Barocca, rinvia ad un mondo pieno di cose, stracolmo di oggetti e di materia. Il mondo non è mera apparenza a cui è sottesa, in maniera ineludibile, una sostanza esaustiva e onnicomprensiva. La cosmogonia di Cutuli è detta “virtuale” (cioè appartenente alla sfera del possibile). Nel senso della piega mi appare invece, sia per la potenza del gesto sia per il potere (la porosità, la resistenza) della materia, una cosmogonia “cosale” (cioè già del presente). Una “cosmogonia cosale” nella quale la piega non spiega alcunché, poiché si dispiega e ripiega annullando finalismi incongrui ed escatologie inammissibili. Il rituale qui ha cittadinanza solo in quanto chiarisce la pregnanza di ciò che è vizioso, cioè appartenente ad un in-spiegabile eterno ritorno.
Nell'opera di Cutuli, nei materiali usati, nella sofferenza dell'artista che ogni quadro espone, è visibile in primo luogo una “cosa”, una “cosa” artistica che si manifesta anche come fondamento del sentire. Ed il sentire è qualcosa che sembra sparito dall'orizzonte emotivo della società contemporanea. Infatti quando parliamo della estetizzazione della vita quotidiana non possiamo limitarci a evidenziarne solo gli aspetti negativi; dobbiamo, al contrario, saper cogliere in ciò che è morto, nell'inorganico, quel fascino positivo del sentire che da millenni è stato relegato in una posizione secondaria. Saper coglie- re anche in ciò che è merce un sentire, in ciò che è inorganico un'attrazione fatale che esalta la nostra sensibilità, è que- sta, a mio avviso, la sfida che ci lancia l'estetizzazione globale della nostra vita.
Si tratta di una Stimmung che attraversa molteplici discipline entro le quali ci si muove un po' come dentro quei passages parigini in cui Walter Benjamin osservava il pullulare di supermercati dello spirito, nei quali vi era l'affermazione totale del sexappeal dell'inorganico, cioè di un sentire che parte dall'esterno, dalle cose. Nelle opere di Cutuli mi sembra di avvertire un “sentire intenso” che non scaturisce dal mito dell'origine, da una coscienza individuale commossa ed esclusivamente autoreferenziale, ma sorge dall'esterno, dal fascino per le “cose”, da una piega solida che non smette di spiegarsi e ripiegarsi sotto i suoi occhi, evocando quella “cosa” che è il cosmo e che alimenta la stessa “cosa artistica” di Cutuli. Una cosa che sente, un'opera d'arte come concentrato di sensazioni, un sentire fattosi cosa: su questi argomenti Francis Bacon deve aver suggerito molte “cose” anche a Silvestro Cutuli. E l'ingens sylva vichiana mi pare debba essere inscritta nell'ambito della produzione di Cutuli non tanto quale riferimento a un originario che polarizza l'intera storia dell'umanità, né quindi come nucleo mitico ineludibile, piuttosto quale luogo del sensazionale”, del sentire barbaro e sotterraneo che ci attrae, ci affascina perché è la parte oscura dell'umanità eppure la sua parte più viva.

Aldo Marroni                                                                                                                                                                       Giulianova ( TE ) Agosto 1996                                                                                                       
                                                                                                                                                                                
Testo inedito a commento del ciclo di lavori sulla Piega Neobarocca ( Smalti aerografati su tela ) poi inserito nel CD interattivo “ DALLA PIEGA ALLA COSA” Appunti in margine all'opera di Silvestro Cutuli del novembre 1997 per i tipi della CD Vernissages di Teramo

INGENS SYLVA E COSMOGONIA VIRTUALE IN CUTULI
La convincente complessità d'immagine dei lavori di Silvestro Cutuli realizzati dal 1992 ad oggi è certamente il segno di un rinnovato spessore culturale e della validità di un impegno operativo caratterizzato soprattutto dalla stabilità di una visione pittorica, quasi che l'artista, dopo una meditata fase di ricerca in ambito postmoderno, sentisse di dover rinnovare il suo linguaggio espressivo. Cutuli ha operato in profondità, evitando cioè adesioni frettolose a tematiche epocali. Lo testimonia il carattere personale del suo nuovo lavoro, che appare oggi come scelta sostanzia- le di modi più consoni ai livelli di metariflessione di una più matura identità.
Da tempo Cutuli aveva individuato nella piega neobarocca un momento focale di impegno sistematico, sviscerando- ne gli aspetti di teatralità emblematica e di ridondanza. C'era inoltre nella ricerca la volontà di evitare fasi conclusive o nodali, unitamente al desiderio di non fermarsi ad una lettura leibniziana, come  allusione ad un ordine for- male e invisibile, sotteso alla variegata proliferazione di pieghe caotiche. Si passava così ad una rarefazione e ad una elaborazione di elementi materici ed autocostruttivi, per ottenere una dimensione di dilatazione cosmica e al tempo stesso una dinamizzazione del ritmo gestuale della superficie, in uno stilema proprio che costituisce una ingens sylva vichiana, come espressione di un àpeiron cosmogonico di opacità materica e di luce immanente.Le immagini di Cutuli nascono oggi soprattutto dall'incontro dialettico tra: gestualità, elaborazione materica, citazionismo neonaturalistico e informale, emergenze trasversali che alludono alle virtualità immateriali della nostra epoca. Ma è bene seguire un tale svolgimento nei vari momenti artistici più significativi.
Il punto di partenza di questo recente percorso operativo di Cutuli era dominato, nei primi mesi del 1992, dal desiderio di fondere il linguaggio plastico e quello pittorico in una superficie che avesse le insorgenze luministiche della pittura, in quanto ottenuta da una elaborazione tridimensionale di pieghe che evidenziassero, da un lato, una scansione di piani e che, dall'altro, apparissero come lievitazioni scultoree di una fisicità vibrante. Non a caso l'artista utilizzava la pittura su lamiera, dove i contrasti timbrici e i riflessi della struttura di fondo contribuivano ad esprimere momenti di creatività surreale e analitica, con qualche analogia espressiva riferibile ai lavori astratti di Corrado Cagli. L'efficacia suggestiva di questi lavori era legata al turgore e alla vibranza della superficie e all'immediatezza espressiva di un éros pervasivo.
Nello stesso anno, Cutuli passava poi ad una fase di ricerca e di consapevolezza cognitiva in cui la vitalità luministica si stemperava nella analisi di una condensazione materica. Il passaggio alla pittura su tela mirava non a recuperare modalità accademiche, ma a dare maggiore scioltezza alla ricerca di articolazioni interne di profondità complesse, che si annidavano tra pieghe aperte ed insondate. L'artista quindi abbandonava l'emergenza luministica per scendere in una caverna platonica, dove ricercare la scansione distintiva di una fisicità immanente.
Si apriva così un percorso di vari momenti dei quali la connessione era rappresentata dalla copresenza luminosità- ombra, che consentiva all'artista di esplorare in varie opere una possibilità di svolgimento, più tardi sviluppata fortemente nell'evoluzione del rapporto presenza-assenza. Ma al tempo stesso l'artista si avviava a condensare ed a solidificare la fisicità della piega attraverso momenti analitici che ne evidenziassero valenze distintive sino al cogli- mento di potenzialità organiche. Non si trattava, sul piano del linguaggio, di una formula espressiva neonaturalista, ma di una resa in sintonia con la temperie postmoderna, per tanti versi caratterizzata dal linguaggio neobarocco. Tale linguaggio si esplicitava nella plasticità della piega, nell'euforicità luministica, nella complessità delle variega- zioni delle superfici, nella decontestualizzazione costruttiva, nella fisicità organica proliferante.
L'angolo di visione delimitava porzioni emblematiche, su cui era evidente la volontà di ricerca che sottraeva l'alone di teatralità della rappresentazione neobarocca. La delimitazione di campo consentiva così l'enucleazione di elementi di superficie elaborata, arricchita da rimandi citazionisti, come esigenza di esplorazione in profondità delle virtualità di un mondo inedito, senza abbandonare la memoria storica del passato. E' bene precisare fin da ora che il richiamo al linguaggio artistico di opere del Moderno e dell'Informale, quali quelle di Cagli, Fontana, Soulages, Fautrier, non costituisce il retaggio di una eredità con la quale compararsi, quanto piuttosto un riemergere di sensi della memoria.
In fase successiva, agli inizi del 1993, si avvertiva nel lavoro di Cutuli una rarefazione delle tonalità cromatiche, un dispiegamento dell'analiticità a tutto campo, una rinuncia ai richiami tradizionali della pittura e alla visione organica della superficie. E invece si accentuava la germinazione reciproca tra le modulazioni frattali delle pieghe e l'incombenza dei varchi oscuri. Si oltrepassava ogni forma di rappresentatività per sondare la fisicità, talora asettica, di elementi tanto unitari quanto intellettivamente costruiti. Non si trattava di insorgenze di un microcosmo caotico, ma piuttosto di progettazioni plastiche indistinte, in cui la predominanza della piega sulle voragini aperte veniva a dileguarsi in un gioco di contrasti assorbiti da una sintesi vigorosa. La ricerca delle potenzialità fisiche e organiche cedeva il passo alla invenzione e alla volontà di sondare dimensioni virtuali di una rappresentazione di un mondo, senza scoprirlo nelle sue antitesi profonde, ma, anzi, risolvendolo in costruzione nonostante le antitesi. Negli ultimi mesi del 1993, Cutuli ha dato avvio a nuovi moduli espressivi che, pur assimilando le precedenti esperienze, hanno spostato il discorso nell'ambito di una visione del rapporto luce-materia nella prospettiva di fluttuazioni cosmiche. Si è avvertita una spiccata tendenza alla gestualità che ha realizzato superfici luministiche invase da pulviscolo cosmico. La piega ha ceduto il posto a tracciati fluttuanti, trasversali, non più progettati, ma sempre più affidati alla complessità di intrecci, ora oscillanti ora reticolari e sovrapposti, dove la palpabilità di un'atmosfera cosmica si è fusa alla plasticità magmatica di traccianti trasversali che ne erano struttura. L'irraggiamento del pulviscolo luminoso si è insinuato nella tramatura strutturale, col senso di scoperta di una ancestralità cosmogonica. L'artista si è lasciato sommergere dalla formazione di un complesso distinto-indistinto, in cui la luminescenza si è attutita, diventando parte integrante della opacità corporea da cui proveniva, mentre questa si è spezzata e si è raccolta sulle sue fluttuazioni. Si è così evidenziata la tendenza a realizzare una ingens sylva vichiana, come intrico caotico in cui l'energia luministica  ha iniziato a penetrare e ad emergere, liberandosi poi progressivamente del magma ancestrale in cui tutti i distinti erano originariamente fusi. Ma per l'artista non s'intravvedeva alcuna futura soluzione d'ordine, perché l'arcaicità cosmica è invece permanente, e il suo dinamismo è tutto trasversale e non produce alcuna evoluzione lineare. Il cinetismo strutturale della cosmogonia di materia e luce è persistente e la sua presenza segna l'assenza di ogni visione d'ordine. Tuttavia nessuna occasionalità dominava sull'evento, perché anzi una struttura sottesa sembrava sempre latente. Tale latenza era però raffreddata, resa indistinta ed affidata alla semplice disposizione caotica, come visione emblematica di una formazione ininterrotta. L'arcaicità dell' ingens sylva ha la logica di un eterno presente e di un destino futuro.La scoperta di un mondo di relazioni tra intrigo ed emergenza ha disposto quindi Cutuli ad una fase di esplorazione di dettaglio attraverso cui ha potuto approfondire la conoscenza dell'ingens sylva. L'artista si è lasciato guidare dalla propria ansia di ricerca sulle molte prospezioni possibili e sui molti livelli di scansione di un mondo da penetrare. Gli si rivelavano delle tramature arcaiche che in una prima fase emergevano da uno sfondo di assenza e poi via via si infittivano per assurgere ad emblematicità di una composizione non progettata, ma autoreferente. Le trame parti- vano linguisticamente dalla gestualità, ma si sviluppavano in rapporti sempre più complessi, non privi tuttavia di una logica sottesa. Riproponevano l'oscurità ancestrale su cui affioravano i riflessi di una luminosità cosmica remota. Il percorso tendeva al raffreddamento e alla staticità di una visione atemporale. A volte la trama strutturale assurge- va all'evidenza; altre volte era ridotta a porzioni di richiamo spaziale e di penetrazione macro.
A volte una flebile luminescenza si faceva strada entro trame caotiche, ma senza mai irraggiarsi; altre volte la struttura stessa si apriva sulla ritmia dei segmenti luminosi. La fusione raggiunta era il punto di partenza di una inedita elaborazione materica, in cui progressivamente si andava ricostituendo una superficie con tratti di ancestralità cosmica. Tale ancestralità era resa dal rapporto tra struttura e magma, tra distinto e indistinto, in una tramatura autoportante la cui opacità era appena rischiarata da una luminosità radente. La condensazione della superficie si è disposta successivamente per aggregazioni caotiche di impronte che via via hanno acquistato maggiore autonomia, con un rimando citazionista all'Informale materico di Lucio Fontana, con lo specifico che qui Cutuli ha diradato a tratti le densità del magma per inserirvi fessure di luce.
Le tracce poi tendevano a staccarsi da un fondo, unendosi in giochi sovrapposti, a volte ritmici, a volte scanditi in modo indistinto, ma sempre con un'immediatezza che ricordava le costruzioni gestuali di Pierre Soulages o le elaborazioni materiche di Jean Fautrier. Dopo aver così sondato la consistenza della materia cosmica, l'artista ne ha tentato una riorganizzazione, recuperando trame e traccianti e riproponendo un mondo duale, in cui trasversalmente si trapassava da chiarore ad opacità in visioni cosmogoniche sino ad investire l'ingens sylva di una luce materializzata che alludeva ad una rinnovata corporeità. Pur non riconoscibili, la dialettica luce-ombra, il reticolo delle creste, le masse cosmogoniche avevano la tensione di una fisionomia ordinante.
Nel 1994, il rimando citazionista neonaturalista ci avverte che la visione è lo sbocco conseguenziale di tale fisionomia. Cutuli reinveste l'ingens sylva da lui individuata in precedenza, categorizzandola in un ciclo di lavori. Permane l'intrico, che tuttavia si fa più denso e articolato; si sovraespone la virtualità delle strutture assorbenti la dialettica luce-ombra; le masse sono più determinate sul flusso della caoticità; le aritmie e le dissonanze si combinano infittendosi; le aggregazioni di elementi ora si fondono ora si distinguono, organizzandosi. Nello svolgersi di dieci opere si individua una linea di percorso dal caos all'ordine, dall'unificazione alla differenziazione, dalla fluttuazione all'insorgenza. La cosmogonia materica di Cutuli si manifesta come segno ancestrale del formarsi di un mondo nell'indeterminata complessità primigenia di caos ordinante e di dissipazione creativa, di immanente relazione tra organico e inorganico, di rinvio tra massività inerte ed energicità raffreddata. La selva vichiana è assunta così nella specie di una categorizzazione virtuale. Nell'ultimo anno, dopo la visione della complessità virtuale dell' ingens sylva, Cutuli ne sviluppa approfondimenti analitici, evidenziando la corposità ritmica delle strutture e la funzione ordinante di una luce immessa all'interno della trama. L'insieme di varchi opachi e di tracciati fluttuanti mantiene una sua distanza sia da funzioni rappresentative che da aloni di mistero. C'è qui una certa aura surreale nella portanza e nella corposità degli elementi e nel- l'assenza della dialettica degli indistinti, propria della visione da cui provengono. Conseguentemente, nel primo semestre del 1995, Cutuli ha lavorato sul recupero di un virtuale che si annida nell'autosufficienza dell'analitico, il cui aspetto preminente è ormai nel dominio delle scansioni di tracciati, in cui si avverte la sintesi di tante esperienze linguistiche precedenti, a cominciare dalla capacità di recuperare alla materia allusioni cromatiche tonali. Il caos ordinante, alimentato così dalle consapevolezze del passato, può assumere rilevanza significante, nel senso che non è più innervatore di radiazioni, ma fusione luce-materia. La virtualità si fa strada anche come potenziale espressivo di articolazione della complessità, che scaturisce dall' elaborazione stessa e che arricchisce la superficie di suggestivi chiarori articolati, come presenza complanare all'arcaicità cosmica dell'insieme.
Nell'ultima fase, l'artista ripropone un elemento luministico trasversale, ma differenziato dai precedenti per una rare- fazione sempre più invasiva e a volte totalizzante. Si riduce così il rapporto presenza-assenza e si profila una linea di tendenza di allontanamento dall'ingens sylva con il dispiegarsi di un'ermeneutica coscienziale. Il virtuale si mani- festa qui nel superamento del contrasto ordine-disordine, luce-ombra, distinto-indistinto, come apertura di possibilità che dalla cosmogonia ancestrale pervenga ad una nuova elaborazione materica illuminata dalla coscienza.
Il rinnovato linguaggio artistico di Silvestro Cutuli ha così una fisionomia che non è schema operativo ne retaggio di riflessioni storico artistiche, ma presenta soprattutto una cifra metafisica della suggestione di sempre tra essere e nulla, luce ed ombra, presenza e assenza, ordine e caos, quando queste diadi si fondono in un mondo dove tutto è presente nell'intensità istantanea di un atto realizzativo. In Cutuli c'è la testimonianza di un'intuizione cosmologica di come il mondo sia determinato nel suo essere profondo, senza riferirsi più agli elementi percettivi e rappresentativi, sia della visione di dettaglio che di quella d'insieme, sia della stratificazione che dell'immediatezza espressiva e gestuale, tanto che le opere si avvertono come scaturigine trasversale e come concrezione senza tempo e senza centralità. Ma l'aspetto più sorprendente è l'intrusione di una dinamizzazione della cosmogonia in atto, con l'attraversamento dell'indistinto che si fa distinzione, in quanto nel caos del nulla si intravvede lo stato nascente di una costruzione ancestrale, che mentre abbandona i primordi oscuri dell'àpeiron, in cui si unificano indifferenziati tutti i contrari, mostra l'aprirsi alla luce coscienziale, veicolo di determinazione e differenziazione, senza tuttavia mai per- venire alla definizione di un esito cosale e riconoscibile. Così la forza dell'intuizione cosmogonica e metafisica del- l'artista è tutta da ricercare nel senso di profonda identificazione del momento di attraversamento bloccato della nascita di un mondo, dopo che esso si è stagliato nel caos e prima che si definisca nell'ordine. Gli ultimi lavori di Cutuli sono quindi una coinvolgente prospezione di una realtà virtuale, quando tutte le possibilità sono aperte, ma nessuna è conclusiva per delineare la corporeità.
   
Nerio Rosa                                                                                                                                                                                       Teramo Agosto 1995                                                                                                                                                                                                                                                                                           
Testo del Catalogo “ Ingens sylva e cosmogonia virtuale “ per la Mostra Personale alla Galleria Stamperia dell' Arancio di Grottammare del 10 – 2 - 1996
1 Cfr. O. Calabrese, Il Neobarocco, Roma- Bari, 1990.
2 Cfr. G. Deleuze, Leibniz, la piega, il Barocco, Torino, 1990.
3 E' bene precisare fin da ora che il richiamo al linguaggio artistico di opere del Moderno e dell'Informale, quale quelle di Cagli, Fontana, Soulages, Fautrier, non      costituisce il retaggio di una eredità con la quale compararsi, quanto piuttosto un riemergere di sensi della memoria (Cfr. B. Jameson, Il Postmoderno, Milano, 1989).
4 Perchè l'arcaicità cosmica è invece permanente; il suo dinamismo è tutto trasversale e non produce alcuna evoluzione lineare. Il cinetismo struttu- rale della cosmogonia di materia e luce è persistente; la sua presenza segna l'assenza di ogni visione d'ordine (Cfr. E. Paci, Ingens Sylva,Saggio su G.B. Vico, Milano, 1949).
5 Cfr. A. N. Whitehead, Il concetto della natura, Torino, 1975. 6Cfr. H. G. Gadamer, Ermeneutica e Metodica Universale, Torino, 1973.

SILVESTRO CUTULI: RITORNO ALL'ORIGINE DELLE COSE
Di Silvestro Cutuli è bene indicare subito una peculiarità che lo distingue da tanti altri artisti, quella di porre sullo stesso livello scultura, grafica e pittura, così che tra le tre forme espressive, poste sullo stesso piano (nel senso che volutamente nessuna di esse prevale sulle altre), ci sia una “sinergia“ che fa dell'autore un artista poliedrico e completo, nel quale l'arte si accompagna a una solida preparazione intellettuale. E' stato giustamente osservato, molti anni fa, che a Cutuli interessa la “forma assoluta“, l'archetipo, il principio di tutte le cose. Raggiungere, cioè, la “forma concettuale“ partendo dalla forza reale. Questa intima esigenza, questa vocazione artistica e creativa, è ravvisabile “in nuce“ fin dalle prime opere che l'artista calabrese ha presentato al pubblico in diverse personali. Non a caso una sua mostra del 1987 venne intitolata “L'alchimia della forma“. In quell'occasione l'iper-realtà ottenuta con l'aerografo è costretta a misurarsi (e confliggere) con quanto è stato rappresentato: conchiglie, mele, peperoni, assurti rispettivamente a simboli dell'origine, dell'aspirazione alla crescita spirituale, dell'universalità sensuale. Senza dubbio si tratta di opere ragionate sia nell'impostazione sia nella cura dei colori (meglio: della luci e dei suoi toni), così come ragionate e curate risultano le sculture che completavano quella mostra. “Faccio scaturire dalla materia - è lo stesso Cutuli ad affermarlo - l'urgenza del fare, il sogno dell'homo faber, che con il gesto più rapido e viscerale possibile, dà forma plastica alle proprie sensazioni, evocando così, ancora una volta, il presuntuoso gesto dell'uomo - dio, dell'artista - dio - creatore caro alla tematica neoromantica. In fondo è proprio in questa visione, apparentemente irrazionale che trovo le forme plastiche a me più vicine “.
Partendo da questi simboli e da questi temi, che non è riduttivo definire “elementari“, Cutuli muove per cercare l'origine delle cose, per tentare di riappropriarsi dell'essenza di esse, in definitiva per riappropriarsi di se stesso perché proprio ritrovando il Caos iniziale si ritrova l'origine dell'Ordine. A questa nuova fase Cutuli approda agli inizi degli anni '90 quando egli non solo realizza una naturale evoluzione della sua concezione estetica, ma matura il suo linguaggio pittorico verso canoni nei quali la libertà formale è più intimamente agganciata a una sua scelta intellettuale. In questa nuova fase non è più la forma ad esistere, ma la luce. Luce che sfonda l'ombra degli abissi, che vibra nello spazio astratto delle pieghe nel quale il Creatore darà final- mente forma alle cose. Questa ricerca espressiva di ampio respiro, già ben visibile in questo frangente sia nell'esposizione al Castello dell'Aquila sia nella mostra itinerante “Horror vacui“ (che giunge anche a Perpignan), trova la sua esplosione in una serie di quadri che Cutuli ha presentato alla Stamperia dell' Arancio di Grottammare nel febbraio di quest'anno. Mi riferisco alla personale “Ingens sylva e cosmogonia virtuale“ (bel catalogo a cura di Nerio Rosa) che ha fatto giustamente registrare un successo di pubblico singolarmente adattatosi alle suggestioni proposte.
Da tempo, come era naturale che avvenisse, Cutuli voleva fondere in un'unica opera il linguaggio plastico con quel- lo pittorico. E in “Ingens sylva“ i suoi quadri sono un magma di luci e di ombre, un intreccio continuo di presenza e assenza, di essere e di non essere, di materiale e di immateriale, di distinto e di indistinto. Sculture informali su superfici cariche di energia, di quella forza che, appunto, dal Caos finalmente darà ordine alle cose.
Un'ultima notazione. La vitalità di Cutuli è anche data dalla sua apertura alle innovazioni tecnologiche, resa possibile dalla profonda conoscenza del mestiere. Quel mestiere già ben provato dalla sua “antica“ produzione neomanierista fatta di chiaroscuri, di impasti morbidi, di trasparenze, di allegorici richiami, di figure di una plastica sorprendente. Anche allora, con quelle opere, è stato capace di offrire suggestioni che coinvolgevano e stordivano.

Andrea Di Nicola                                                                                                                                                              Rieti Gennaio – Febbraio 1997                                                                                                                                       
                                                                                                                                                                                  
In “Orizzonti” n. 1 Anno 1° gennaio / febbraio 1997 – pagg. 36 e 37 - Roma.

TRACCIATI D'ARTE IN ABRUZZO
....Nell'ambito di un'attitudine segnica, con combinazioni di cosmogonia virtuale, si colloca la ricerca di Silvestro Cutuli,che opera con sofisticata austerità sul registro cromatico del nero su nero, con stesure dense e materiche di sostanza pittorica, che sanno accendersi di insospettabili guizzi luminosi .

Carlo Fabrizio Carli                                                                                                                                                                           Roma Giugno 2002                                                                                                                                                                                                     
Dal catalogo della mostra collettiva “ Tracciati d'Arte in Abruzzo “ alla Sala G. Trevisan Centro Culturale San Francesco – Piccola opera Charitas – Giulianova Paese ( TE ) 29 giugno 30 settembre 2002.

STORIA DELL'ARTE ITALIANA DEL '900 EDIZIONI BORA BOLOGNA
Generazione Anni Quaranta Tomo 2°
....Più articolata nei passaggi tecnici e linguistici è la produzione di Silvestro Cutuli, che nei finali anni dell'Otanta elabora con aerografo ed inchiostro di china su carta curve di anse tubolari, quasi intestini ora verdi ora violetti, come se fossero avvolti in sottilissime pellicole ricche di trasparenze e di rettilinee grinze, che lasciano intravedere qua e là colonie di cellule ( Sequenza di luce 1, 1988  )o maculazioni dorsali simili a quelle della pelle di certi serpenti ( Sequenza di luce 2, 1988 )
E a serpentoni, più che a intestini, sono simili queste circonvoluzioni giustapposte, probabilmente metafora delle onde della luce, come suggeriscono i titoli di queste carte, che, ovviamente, non hanno nulla a che fare con la concezione di Hogarth ( 246 ), anzi la contrastano, in quanto frutto di tutt'altra indagine che, secondo Strozzieri, restituisce la << dialettica luce-materia, schermo quest'ultima ove s'imprime la crepitazione articolata, radiale della fonte luminosa >> ( 247 ).
Il pendolo ritorna, come metafora fallica, nei Versi di Luce, opere realizzate nel 1989 in spiegazzate lamiere fessurate dipinte a smalto, secondo Gasbarrini << dall'accentuato profilo ermafrodito pitto-scultoreo>> ( 248 ). Ed è un'anticipazione delle pittoriche frantumazioni cromoluminose, ottenute dapprima con filamenti segnici in gesso su acrilico ( Intreccio cosmico 2, 1993 ) ed un serrato groviglio di bande ( Ingens sylva, 1993 ). Sempre nel '93, sulla scia di queste prove, dopo i piccoli << bassorilievi >> materici di paste acriliche modellabili applicate su cartone telato ( Concrezione materica, Gestualità cosmica ), l'artista calabrese, ormai stabilitosi a Teramo, ha ricavato con sincopati raschiamenti << luci >> interne alle paste acriliche, ottenendo grovigli caotici di trame allusive a dettagli di fitte vegetazioni ( ciclo Naturalismo caotico ), anche orchestrati in due dimensioni ( Organicità cosmica 2 ), in una dialettica di ritmi, ora frantumati ( Ritmia cosmica 4 ), ora a irradiazioni curve e  lunghe ( Selva cosmogonica 2 ). Tali lavori attestano quanto Cutuli identifichi il caos primigenio con l'ontogenesi della natura, il che lo porta ad abbandonarsi alle pulsioni istintive per recepire le dialettiche energie delle valenze ancora indefinite della materia prima, da pittore traslata nelle paste e colori acrilici, mescolati ad altro ancora ( 249 ) con il fine di riscoprirle attraverso i rimestamenti gestuali, che si connotano in una sorta di descensus nel profondo del proprio io di pittore, in cui, parallelamente alla Dissipazione creativa, per riprendere il titolo di un suo lavoro del '95, individuare in altri dello stesso anno l'origine del colore ( Tonalismo cosmico 1, Tonalismo cosmico 2 ) e della nascita della luce, com'è nelle fosforescenze di Fusione luce materia 1, che potrebbe essere intesa come lo spuntare dell'alba all'interno del suo viaggio artistico. Viaggio che, poichè, come insegna Jung, ogni cosmogonia corrisponde alla psicogonia, non poteva non finire nei territori della coscienza ( Elaborazione coscienziale 1, Elaborazione coscienziale 2 1995 ), logico terminal del tragitto nella obscura et ingens sylva compiuto da Cutuli ( 250 ).

Giorgio Di Genova                                                                                                                                                                      Bologna  - Settebre 2009                                                                                                     

" MATERIA / ANTIMATERIA ": l'arte digitale di Silvestro Cutuli
La Galleria Forme d'Arte di Venezia ha ospitato, dal 7 al 25 maggio 2011, un'interessante mostra di pittura digitale dal titolo "Materia/ Antimateria", ad opera del teramano Silvestro Cutuli. La sua presenza in Laguna assume particolare importanza in vista anche della partecipazione alla 54. Biennale Internazionale di Venezia, dove figura tra gli artisti selezionati all'interno del Padiglione Italia per la Sede Regionale dell'Abruzzo. Il ciclo recentemente esposto testimonia la fase attuale di una lunga ed attenta sperimentazione che Silvestro Cutuli conduce ormai da vari anni in ambito digitale sul tema della materia, in relazione al principale elemento ad essa immanente: la luce. La luce equivale alla materia stessa: intesa come energia fluttuante, essa è un'onda che muove - plasmandola - la natura nella sua configurazione molecolare, conferendole così quello che i Greci chiamavano psyché, ovvero "soffio vitale" e dunque essenza. La trama pittorica - di carattere virtuale - che sottende a tale produzione è data infatti da una serie di tratti incandescenti, tradotti su cartoni in un'estrema varietà di vortici e segmenti cuneiformi. Tali vertigini luminose e trasmutanti scaturiscono, senza soluzione di continuità, da una concavità magmatica caotica e tenebrosa che allude alla "materia oscura" dell'universo. Ne deriva una sostanziale e dualistica antinomia (materia/ antimateria appunto) che rimanda all'antico nodo filosofico giocato sul contrasto tra luce e ombra, reale e irreale, ordine razionale e caos primigenio. La tematica cosmologica indagata per mezzo di vene lucenti è il fil rouge che collega tutta la ricerca artistica di Silvestro Cutuli, a partire dalla sua iniziale attività di scultore. L'urgenza espressiva dapprima evidenziata attraverso la contorsione di colorate lamine metalliche ha trovato una significativa evoluzione nell'utilizzo delle moderne tecnologie informatiche, vòlte a realizzare una più incisiva comunicazione. La Pittura Digitale simula infatti il processo tradizionale attraverso l'uso di un apposito software e di pennelli che attingono ad una tavolozza virtuale, dando vita ad un'immagine costituita da una controllata sequenza di punti che diventano nel loro evolversi segni grafici, tracce. Tale linguaggio, lungi dall'essere un'elaborazione, assume all'opposto il fondamentale carattere di creazione, contribuendo a definire la valenza postmoderna e contemporanea della produzione di Silvestro Cutuli. Le opere di quest'autore non possono essere codificate secondo una logica razionale, in quanto non possiedono un carattere di immediata riconoscibilità - esulano cioè dalle strutture categoriali che regolano il nostro pensiero - ma non possono essere definite neanche astratte, poiché gli elementi emergenti sul piano appaiono fortemente intrisi di quell'organicità, parte di un sistema unitario, che è alla base del mondo nella sua complessità. La luce definisce, attraversa, scompone la materia sprigionando vitalità dall'interno delle sue viscere: l'addensarsi di un magma fluido in cui tutto scorre origina la materia (= vita) attraverso l'elemento "formante" della luce (= essenza). Tale processo può essere letto anche come metafora dell'ideazione dell'opera d'arte, che vive nella materia grazie alla spinta propulsiva dell'atto creativo, per poi terminare il suo ciclo vitale nel momento in cui viene trasmessa allo spettatore. L'artista crea pertanto dei dipinti virtuali che vivono soprattutto a livello sensoriale, nella fruizione dell'osservatore che diventa parte attiva del processo artistico e dunque dell'opera. Viene in questo modo riaffermata la teoria gestaltica della percezione, in cui la realtà virtuale generata per mezzo di una tavoletta grafica supera la realtà fisica e fenomenica dello scontro neutrinico ab origine indagato. È da questo assunto concettuale che nascono i diversi cicli digitali di Silvestro Cutuli: opere vivificate dalla luce (prima attraverso il bianco e nero, ora mediante intense fluorescenze cromatiche) che sono continue variazioni sul tema, ovvero flussi di energia materica compenetrata da infinite forme possibili, in un'incessante e meticolosa ricerca tesa a raggiungere il nucleo irradiante di tutte le cose.

Manuela Valleriani                                                                                                                                                                   Teramo 21 Giugno 2011          
Testo stilato per una recensione sulla rivista Juliet del mese di Novembre 2011.

"H01" HABITAT ZEROUNO - ARCA Teramo
Le nuove tecnologie diventano materia prima per la pittura digitale creata da Silvestro Cutuli. Grazie a tavolette grafiche, pennelli, aerografi e spatole virtuali, offerti da sofisticati software dalla straordinaria duttilità, l'artista evoca una sorta di buio primordiale solcato da accensioni luminose di vorticosa plasticità. Uno spazio che nella serie Sul bosone di Higgs emerge come trasposizione di raffinate teorie scientifiche che rinnegano le concezioni costruite sulle simmetrie per privilegiare i modelli inscritti nei concetti di collisione, viscosità e fluttuazione: termini particolarmente efficaci per descrivere la realtà in cui viviamo. L'autore, lavorando con preziosa gestualità sulla contrapposizione tra materia e antimateria, fa affiorare trame fluide, capaci di prefigurare quel mare in ebollizione considerato la culla da cui nacque la materia. Cutuli compone una personale cosmogonia che, nei recenti lavori, si decanta dentro schemi minimali di rarefatta eleganza, come se dalle deflagrazioni delle opere precedenti, egli approdasse ad una galassia permeata di silenzio e le forme trovassero nuove configurazioni per descrivere la danza vitale dell’eterna energia.

Umberto Palestini                                                                                                                                                              Giulianova (TE) Ottobre 2013
Testo stilato per il catalogo della mostra collettiva, Ottobre 2013.
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